La manovra economica appena approvata dalla Camera ci avvicina al disastro greco, impoverisce il paese e demolisce la democrazia. Una manovra antipopolare, recessiva e che favorisce la prosecuzione della speculazione contro cui non viene preso alcun provvedimento. Una manovra approvata sotto dettatura dei potentati economici europei che con ogni evidenza tutelano gli interessi degli speculatori contro i popoli europei.
Le politiche del governo Berlusconi ci stanno spingendo nel baratro: i giovani non hanno alcun futuro e sono destinati alla precarietà, scendono gli stipendi, aumenta la povertà. Con questa linea di politica economica scritta dal governo sotto dettatura delle banche tedesche, finiamo dritti filati nella situazione greca. Tra qualche giorno, quando la speculazione sui titoli di stato renderà evidente l’inutilità della stangata appena approvata, ci proporranno di vendere il Colosseo e la Mole Antonelliana, oppure Villa Greppi o magari le Panda del Comune...
Non possiamo sottacere che l’articolo 8 traduce in legge le richieste della FIAT di demolire il contratto nazionale e l’intero diritto del lavoro, a partire dallo Statuto dei Lavoratori e dall’articolo 18. La previsione che gli accordi aziendali deroghino non solo al contratto nazionale ma anche alle leggi è eversiva e di una gravità senza precedenti.
Si vuole obbligare i Comuni a privatizzare i servizi pubblici in contrasto con l’esito dei referendum, come se si fossero tenuti mille anni fa, tagliare pesantemente enti locali e regioni con un nuovo attacco a servizi sociali, sanità, trasporti e forti aumenti di ticket e tariffe. Si attaccano ancora i lavoratori pubblici: dopo il blocco della contrattazione e delle assunzioni, si sequestra il TFR per due anni. Si attacca ancora la scuola pubblica; questa non manca mai.
Il taglio di 40 miliardi alle agevolazioni fiscali nel triennio colpirà il lavoro dipendente, le famiglie con figli, le spese per istruzioni e sanità. Si progettano tagli per invalidità, indennità di accompagnamento, reversibilità. Si colpiscono ancora le donne aumentando l’età di pensionamento. L’aumento dell’IVA colpisce i redditi più bassi, fa crescere l’inflazione e deprime i consumi.
La manovra prevede la modifica della Costituzione per rendere obbligatorie quelle politiche neoliberiste che hanno determinato la crisi e la speculazione ed è ingiusta: non si toccano i ricchi -quel 10% della popolazione che possiede la metà della ricchezza italiana- così come non si combatte seriamente l’evasione fiscale; pagano i soliti, la maggioranza della popolazione.
Per bloccare la speculazione -fatta da banche e società finanziarie- occorre mettere regole ai mercati finanziari, impedire la vendita allo scoperto dei titoli e obbligare la Banca Centrale Europea a comprare direttamente i titoli di stato, come fanno le Banche Centrali degli USA, del Giappone, della Gran Bretagna. Nulla di tutto questo è citato nella manovra, perché l’obiettivo non è combattere la speculazione.
La manovra non serve contro la crisi: riduce il potere d’acquisto della maggioranza del popolo italiano e questo determinerà ulteriore recessione economica e licenziamenti, con riduzione delle entrate da addizionale IRPEF ed aumento di richieste di Servizi alla Persona: un circolo vizioso che ancora si scarica sui Comuni.
Allora a cosa e a chi serve la manovra?
Serve a garantire i privilegi del 10% più ricco della popolazione, i profitti delle banche, a lasciare mano libera ai padroni nei confronti dei lavoratori. E’ una manovra dei ricchi contro la maggioranza della popolazione che è chiamata a pagare il conto.
Occorre ribellarsi prima che sia troppo tardi. Occorre una politica alternativa, che è possibile.
Per difendere i diritti dei lavoratori e lo stato sociale, redistribuire la ricchezza, creare nuova occupazione, Rifondazione Comunista propone una politica economica rovesciata, non in cooperazione con le destre ma in totale contrapposizione, a partire da:
· Tassa sui patrimoni al di sopra del milione di euro.
· Lotta all’evasione fiscale anche con una sovrattassa sui capitali che hanno beneficiato dello scudo fiscale.
· Dimezzamento delle spese militari e fine della guerra in Afghanistan e Libia.
· Restituzione dei finanziamenti pubblici da parte delle aziende che delocalizzano la produzione.
· Blocco delle grandi opere inutili come la TAV in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto e uso di quelle risorse per un grande piano di risparmio energetico, sviluppo delle fonti rinnovabili, riassetto del territorio con interventi locali.
Da parte mia aggiungo la revisione dei vincoli del Patto di Stabilità interno, per consentire ai Comuni la necessaria dinamica nei pagamenti almeno per portare a compimento le opere pubbliche già iniziate e finanziate, realizzando così –oltre ai servizi attesi dai cittadini- gli investimenti che contribuiranno a rilanciare lo sviluppo e l’occupazione.
Invece? Invece tra il dire e il disdire, il fare e disfare di un governo allo sbando l’unica cosa certa è che a pagare la crisi economica e il debito pubblico non saranno gli speculatori finanziari, le banche, gli immobiliaristi e gli straricchi, ma lavoratori dipendenti, pensionati, piccoli commercianti e piccoli artigiani e questo perché si sta discutendo di una politica economica che non ha al centro l’idea che il fisco debba operare un qualche riequilibrio nella distribuzione del reddito reintroducendo così un po’ di giustizia sociale.
Insomma, anziché andare al recupero del maltolto con un’imposta patrimoniale sopra un milione di euro, si è preferito andare a colpire le pensioni sociali (pensione sociale 417,3 euro mensili) con gli aumenti dei costi dei servizi pubblici e con pesanti tagli dei trasferimenti al Comune che porteranno ricadute negative sui cittadini. Cosa possiamo fare su scala locale, oltre a proseguire nella necessaria ricerca della massima efficienza nell’impiego delle risorse pubbliche?
Spiace veramente che abbiano deciso di non partecipare al dibattito i colleghi che avevano espresso a più riprese riserve circa la rappresentazione che, anche in tempi recenti, veniva data della situazione finanziaria che ci ha condotto ad essere qui stasera. Spiace, dicevo, perché le loro osservazioni a fronte delle difficoltà nelle quali si trova oggi l’Amministrazione a causa dei provvedimenti del governo avrebbero sicuramente aggiunto spessore alla discussione e sarebbe stato davvero interessante conoscere le loro proposte, se esistenti.
Da parte nostra ne avanziamo due di proposte; due sassi nello stagno di una politica fatta di soli tagli.
La prima. Considerato che il Consiglio Comunale ha istituito già prima di Natale con apposito regolamento il Consiglio Tributario e alla luce del fatto poi che già oggi al Comune è riconosciuta per la collaborazione fiscale la misura del 33% delle maggiori somme riscosse e che salirà al 100% per gli anni 2012-2013-2014, così come inserito nella nuova manovra economica, l’attivazione del Consiglio Tributario, pur con tutti i limiti già riconosciuti nel corso del dibattito consiliare che ne ha sancito l’istituzione, non è più rinviabile, anche per cercare di rendere concretamente efficace il lavoro di contrasto dell’evasione dell’Agenzia delle Entrate.
In aggiunta alla richiesta di attivazione del Consiglio Tributario, in un periodo, come quello attuale, di restrizioni della spesa pubblica e di pressione fiscale per i cittadini è utile ricordare che in attesa del 1 gennaio 2014 allorquando entrerà per il Comune in vigore l’IMU prevista dal Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, è ancora in vigore l’ICI per gli immobili non adibiti a “prima casa d’abitazione effettiva” e che quindi agisce per tutti gli immobili imprenditoriali, commerciali e per tutti quelli diversi dall’abitazione. Va detto inoltre che già nel marzo 2004 l’Alta Corte di Cassazione, con sentenza emessa dalla V sezione civile n. 4645, sanciva che anche gli immobili destinati ai più svariati usi come: le scuole, le case di cura, le case di riposo, le case vacanze, le sale adibite a tempo libero e a cinematografo, i bar e gli alberghi, i centri sportivi e così via, anche se gestiti da enti religiosi o istituzioni “no profit” per questo non modificano la loro natura di attività stessa e che ai fini tributari vanno loro applicate le norme per le attività commerciali che sono fra l’altro spesso in concorrenza con i privati. E’ di ieri la notizia che la Camera ha approvato con 254 sì, 185 no e 137 astenuti, soprattutto fra Lega e PdL, un ordine del giorno presentato da Enzo Raisi (Fli) per la revisione delle esenzioni fiscali alla Chiesa; si chiede di far pagare l’ICI sugli immobili destinati ad “attività commerciali anche se esercitate in via non esclusiva”. Rimandando agli uffici competenti la stima delle cifre in gioco, proponiamo quindi di avviare un percorso teso a far sì che i vari istituti ed enti ecclesiali, ivi compresi quelli “no profit”, intervengano con un “ravvedimento operoso”, segnalando gli immobili di loro proprietà non adibiti direttamente a culto e non adibiti a servizi di carità per i poveri, versando per essi i tributi comunali dovuti.
In un momento di difficilissima situazione economica del nostro Paese è necessario e doveroso più che mai che tutti contribuiscano e partecipino con dovere etico e civico ai sacrifici comuni imposti dalla crisi e che tutti, volontariamente o coercitivamente, dismettano privilegi illegali o ai confini con la legalità.
Ermes Severgnini
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